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La tassazione dei redditi provenienti dal Forex trading

Quanto e come pagare

La tassazione dei proventi derivanti dal trading è un aspetto che talvolta viene dimenticato da coloro che si approcciano per la prima volta ad operare sui mercati finanziari.
È bene ricordare che i profitti derivanti dal trading online costituiscono un reddito, e come tale sono soggetti ad imposizione fiscale.  Secondo il TUIR, Testo Unico delle Imposte sui Redditi (art 67, comma 1) sono da considerarsi “redditi diversi” poiché : 

“… non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente.

In particolare alla lettera c-quater) dello stesso articolo si legge che sono considerati redditi diversi in quanto:

“… realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziari”.

I redditi provenienti dal Forex trading ricadono in questa categoria e vanno perciò dichiarati.
Il trader a questo punto può scegliere tra regime dichiarativo e regime del risparmio amministrato.

Se opta per il regime dichiarativo sarà il trader stesso a doversi preoccupare di dichiarare quanto guadagnato. In questo caso il broker o la banca con cui si fa trading non sono sostituti d’imposta. Ricordiamo che il sostituto d’imposta è un soggetto che si sostituisce al contribuente nell’adempimento degli obblighi fiscali (sostanzialmente paga le imposte al posto nostro).

Nel regime del risparmio amministrato invece, sarà direttamente la banca o altra società di intermediazione (broker) a pagare le imposte e il trader riceverà così l’importo netto del proprio guadagno. Va inoltre precisato che vanno dichiarate sia le plusvalenze sia le minusvalenze.

Nel caso in cui il trader abbia conseguito un profitto sarà tenuto a pagare (direttamente o mediante sostituto d’imposta) un importo pari al 26% di quanto realizzato (l’aliquota è del 12.5% nel caso Titoli di Stato della Comunità Europea ed equiparati). Qualora registrasse una perdita, verrà utilizzata per compensare i profitti generati in seguito.

La differenza più importante tra i due regimi è che per il regime dichiarativo la tassazione è calcolata su base annuale, mentre nel regime del regime del risparmio amministrato viene calcolata di volta in volta su ciascuna operazione. In secondo luogo nel regime dichiarativo c’è la possibilità di compensazione delle plusvalenze con le minusvalenze e di riportare a nuovo le minusvalenze eccedenti, compensabili con plusvalenze successive entro 4 anni.

Nel regime amministrato la compensazione è ammessa soltanto se avviene all’interno di un unico conto. Si può cambiare regime liberamente, ma con decorrenza dal 1 gennaio dell’anno successivo.

In termini di convenienza il regime amministrato è sicuramente il più semplice da gestire, quello dichiarato è più complesso ma per importi alti e se si opera anche con broker stranieri, permette una pianificazione migliore e una più vantaggiosa gestione dei flussi di cassa.

Siete indecisi su quale regime scegliere? Lasciateci un messaggio e vi daremo il nostro consiglio.